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Cos’è la juta a Montevergine ? Ricorrenza, tradizione, leggenda e prodotti gastronomici“Esse sono tutte belle, tranne una che è brutta e perciò fugge su di un alto monte, Montevergine”.

Questa frase si riferisce alle 7 Madonne campane, nate da Sant’Anna e San Gioacchino. In particolare a una delle sette Madonne sorelle, la Madonna Nera di Montevergine o Mamma Schiavona.  La festa della Madonna di Montevergine è l’unica che viene ripetuta durante l’anno perchè apre e chiude un ciclo di celebrazioni dedicato alle Sette Madonne che si svolge in luoghi e santuari diversi che si conclude il 12 settembre. I pellegrini che si recano in adorazione della Madonna, giungono di solito la sera precedente e sostano ad Ospedaletto d’Alpinolo, da cui partiranno il mattino seguente per compiere la cosiddetta “sagliuta” o “juta”: “Chi vo’ grazia ‘a Mamma Schiavona, ca sagliesse lu Muntagnone”. Secondo la leggenda la Madonna brutta, offesa, così giustifica la fuga: “… si jo song brutta allora loro hanna venì fino è cà ’n gopp a me truvà! (se io sono brutta, allora loro dovranno venire fino a quassù per farmi visita!)”.

La festa a montevergine

La festa è caratterizzata da tammurriate che continuano per tutta la mattina sul sagrato del Santuario. Caratteristico è il canto che viene eseguito sull’antica “scala santa” della Chiesa: ad ogni gradino ci si ferma, un solista intona la proposta mentre il coro conclude. La “salita” intera consta di 23 gradini e tutta la scala rappresenta la stessa montagna. Alla fine del rito, si entra in chiesa e si esce dalla porta principale cantando col tamburo, senza mai voltare le spalle al quadro della Madonna.

La leggenda dei femminielli a montevergine

Particolarmente devoti, infine, sono i cosiddetti “femminielli”, che ogni anno si recano a Montevergine per rendere grazie alla loro Madonna prediletta, nella cosiddetta “juta dei femminiell”. Qui un nutrito gruppo, ogni anno rinnova la propria fede cattolica presentandosi in processione all’antica abbazia. Il rito si rifà ad un’antica tradizione secondo cui nel 1256, due giovani omosessuali furono scoperti a baciarsi e ad amarsi. Di fronte a questo evento l’intera comunità reagì denudando e cacciando dal paese i due innamorati che furono legati ad un albero sul Monte Partenio, in modo che morissero di fame o fossero sbranati dai lupi. La Vergine, commossa dalla loro vicenda e dal loro amore, li liberò dalle catene e permise alla giovane coppia di vivere apertamente il loro sentimento di fronte ad un’intera comunità che, attestato il Miracolo, non poté far altro che accettare l’accaduto.

Il torrone

Intorno alla sacralità, ruota il vettore gastronomico ed artigianale. Per questo giorno dunque fari puntati sul polo dolciario, per cui Ospedaletto d’Alpinolo è anche conosciuto, specializzato nella produzione di torroni, pasticceria secca, biscotti, uova pasquali e frutta secca. Soprattutto il torrone, la “cupeta”, è strettamente legato alla celebrazione della madonna di Montevergine: proprio qui fin dall’antichità si fermavano i pellegrini a trovare ristoro e a gustare i prodotti tipici del territorio, come la “cupeta”, originale miscela di miele, bianco d’uovo e nocciole, avo del torrone. Oggi come allora fedeli e semplici turisti possono gustare e acquistare le nostre prelibatezze.

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